Si legge giorno 2, ma in realtà è oggi il vero giorno del debutto.
Il fuso si fa sentire per cui l’uscita è un po’ ritardata, per cui è subito ora di affrontare la prima missione della giornata: procurarsi del cibo, possibilmente buono ed economico. Girando vicino all’albergo e scansando le bancarelle per strada per le quali non sono ancora pronto c’è un centro commerciale, e con l’idea di dare uno sguardo e ripararmi dal caldo provo a vedere il piano dedicato al cibo: con mia grande sorpresa non ci sono le solite catene di fast-food ma cibo locale (e con solo rare scritte in inglese, a dire la verità) con prezzi da bancarella ma senza essere sulla strada a respirare i gas di scarico. Ci metto un po’ a scegliere ma la mia prima zuppa è più che soddisfacente, nonché decisamente economica (55 baht, ovvero 1,5 €).
Mi dirigo quindi a piedi verso il traghetto: uno dei motivi per cui ho scelto questo albergo è proprio la vicinanza al terminal principale dei traghetti che percorrono il fiume, ovvero il mezzo più veloce per raggiungere i luoghi turistici del centro, sfortunatamente non serviti né dallo Skytrain né dall’unica linea di metro. Evitati i venditori di tour, ignorata la linea turistica (sostanzialmente uguale alle altre ma più costosa), cerco di capire qualcosa dell’apparentemente complesso sistema che identifica le linee e quanto sono “espresse”, identificate da una bandiera di diverso colore. Prendo il mio bravo traghetto con la bandiera arancione e più che il panorama ad attrarmi è il fiume stesso: il traffico è davvero intenso, con enormi chiatte, tanti traghetti passeggeri più o meno lussuosi (i più belli sono quelli degli alberghi) e soprattutto le tipiche longboat, delle specie di gondole ma ancora più lunghe e soprattutto dotate di un motore che sembra uscito direttamente da Mad Max.
L’avvicinamento al palazzo reale serve anche per rendermi conto di quanto sia onnipresente il senso tangibile del lutto per la morte del re, uno dei monarchi più longevi della storia mondiale, con oltre 70 anni di regno. Non solo palazzi e uffici, ma anche singole case e perfino cantieri sono addobbati a lutto e ci sono dappertutto immagini sue gigantografie con dediche di cordoglio o altarini improvvisati. La monarchia qui è presa davvero sul serio, e non a caso una delle raccomandazioni che più spesso si fanno ai turisti è proprio quella di non offenderla in alcun modo, né con parole né con gesti verso qualsiasi immagine che la rappresenta, compresa quindi quella sulle banconote: il reato di lesa maestà è un’accusa piuttosto grave. Una volta arrivato nella zona del palazzo reale, noto una concentrazione di polizia e di controlli che non mi sembra ordinaria, e una quantità di persone vestite di nero, sedute sotto stand improvvisati e probabilmente in attesa di entrare nel palazzo. Perché ovviamente, non ci avevo pensato, il palazzo è chiuso sine die ai turisti, almeno fino a quando dentro ci saranno le spoglie del re cui rendere omaggio. Non probabilmente per tutto l’anno che hanno dichiarato di lutto nazionale, ma senz’altro per un bel po’. La cattiva notizia però va a braccetto con una buona: il complesso di templi annesso al palazzo reale è non solo aperto ma anche gratuito! Trattandosi dell’attrazione turistica più costosa di tutta la Thailandia (500 bath, ovvero poco più di 13 €) la cosa non mi dispiace affatto.
Il Wat Phra Kaeo è impegnativo come primo impatto con l’arte religiosa del buddismo thailandese, e bisogna probabilmente capire troppe cose tutte insieme. L’aspetto generale è molto curato, forse fin troppo, ed io personalmente più che il famoso Buddha di giada sono rimasto colpito dai chilometri di dipinti murali che raccontano viarie fasi della saga del Ramayana, oltre che da una serie di statue di pietra la cui vera origine ho scoperto solo in seguito.
Dopo il Wat Phra Kaeo, non entro al vicino Wat Pho perché è un po’ tardi e dalle 16 c’è l’apertura gratuita del Museo del Siam, che però trovo sfortunatamente chiuso per lavori di ristrutturazione. Mi dirigo allora nella vicina Chinatown, una grande comunità dentro la città dedita naturalmente soprattutto al commercio. Visito un po’ di mercati coperti, compreso il bel mercato dei fiori, dove si rimane incantati a guardare la pazienza con la quale vengono create composizioni floreali molto complesse, che utilizzano fiori molto piccoli e a volte addirittura solo piccoli boccioli, tanto che poi per non farli guastare subito si usa ghiaccio in gran quantità. Ma naturalmente un’attenzione particolare la riservo a tutto ciò che è commestibile, e comincio a capire perché questa parte di mondo è considerata il regno dello street food.
Torno in albergo a piedi, attraversando buona parte di Chinatown, per attendere l’arrivo di Gerard, il mio amico australiano che, dopo che ci siamo rivisti dopo tanti anni a Roma lo scorso dicembre, saputo del mio prossimo arrivo in Asia non ha esitato un attimo a decidere di raggiungermi per fare almeno una parte del viaggio insieme. Gerard si è presentato per i suoi 3 mesi di viaggio con uno zainetto talmente piccolo che io non userei nemmeno per uscire un giorno nella mia città, ed essendo un buon camminatore come me abbiamo fatto una bella passeggiata in cerca di un posto dove cenare. Poi un giorno vi racconterò pure di come ci siamo incontrati, tanti anni fa, naturalmente in viaggio!
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