Ero indeciso se passare o meno a Vang Vieng, ma alla fine ha vinto la curiosità di vedere come è riuscito a reinventarsi questo paesino diventato famoso più per i suoi eccessi che per la sua invidiabile posizione. Nel primo decennio del 2000 infatti Vang Vieng, adagiata sul placido fiume Nam Song e circondata di ripide montagne costellate da grotte, è diventata una delle destinazioni più famose di tutto il sud-est asiatico non tanto per le meraviglie naturali che la circondano, quanto come luogo del divertimento senza freni, con libera e facile vendita di ogni tipo di droga, alcool a basso prezzo e una miriade di bar a costellare il lungofiume. Affollata di giovani da tutto il mondo, Vang Vieng ha presto pagato però il prezzo della combinazione droghe e sport più o meno estremi: così ardite zip-line e perfino la apparentemente più placida pratica del tubing (ovvero farsi trascinare dalla corrente mentre si “naviga” dentro una camera d’aria di uno pneumatico di trattore) si sono trasformate in potenziali pericoli. Dopo il record di 27 turisti morti nel 2011 finalmente il governo laotiano ha capito che non era più possibile chiudere gli occhi di fronte alla deriva di Vang Vieng, e ha deciso di bandire tutte le droghe (be’, più o meno) e di chiudere tutti i bar senza licenza lungo il fiume, ovvero la maggior parte. Così in questi ultimi anni il paesino si è dovuto in qualche modo riconvertire, tornando a “vendersi” per la sua vocazione naturalistica e per la grande offerta di sport e attività praticabili: dal kayak alle escursioni nelle tantissime grotte del circondario, dall’arrampicata sulle belle rocce verticali alle ascensioni in mongolfiera, dai diversi percorsi di cicloturismo ai più placidi bagni nelle numerose pozze d’acqua vicino o dentro le grotte. Il tubing è ancora disponibile ma non è più pericoloso, ora che chi lo pratica è lucido e al massimo sorseggia una birra mentre viene trascinato dalla corrente. Vang Vieng non ha perso certo la sua vocazione al divertimento, e lo si nota nella maggiore vivacità dei suoi locali, ma oggi è un posto adatto a tanti tipi di turismo diverso, attraendo chi è interessato allo sport, chi alla natura circostante, chi all’atmosfera rilassata ma non priva di distrazioni.
Ora che la città si è trasformata l’unico vero pericolo che si affronta è arrivarci da Luang Prabang: il viaggio in pullman o in minivan sarebbe fantastico perché si attraversano delle bellissime montagne, ma raramente si riesce a godere del paesaggio attorno perché si è troppo impegnati a guardare la strada, davvero in pessime condizioni e con lunghi tratti non asfaltati (o quantomeno con l’asfalto portato via dalle piogge), anche perché la guida incosciente di molti autisti non lascia molte alternative. Nel nostro caso ci si è messa perfino una bella nebbia fitta dalle parti del passo, tanto che il primo pomeriggio a Vang Vieng è servito per riprenderci dal viaggio relativamente breve ma, come dire, molto intenso. Solo una volta arrivati ci siamo accorti di un avviso che aveva ricevuto Gerard dall’equivalente del ministero degli esteri australiano che sconsigliava i turisti di percorrere questa strada…
Il giorno seguente devo ammettere che sono stato molto tentato dalla mongolfiera, anche perché il panorama della valle è davvero notevole già dalle piccole alture raggiungibili a piedi. Ma il costo, tra gli 80 e il 90 $, mi ha un po’ scoraggiato, pensando anche che, se c’è la possibilità, vorrei davvero fare il mio battesimo sulla mongolfiera ad Angkor Wat. Così abbiamo evitato le proposte delle varie agenzie e ci siamo imbarcati in una lunghissima passeggiata con nel menu caverne e colline da scalare. Queste ripide colline e la terra piuttosto rossa mi ricordano molto Viñales, a Cuba, che è una valle con forme più dolci e colori più intensi, ma dai paesaggi abbastanza comparabili. Qui invece degli arrotondati mogotes cubani ci sono queste colline molto molto ripide, un po’ faticose da scalare pur con i sentieri attrezzati (basta non fare come chi ci prova in ciabatte, non è decisamente il caso…) ma che regalano bellissimi panorami una volta conquistata la cima. Noi siamo saliti su due, Pha Ngern, più alta e panoramica, e Pha Poak, la più vicina al paese, apparentemente bassina ma molto più faticosa da salire e da scendere. Sulla cima della prima collina i laotiani hanno piazzato una bella capannina da dove riposarsi guardando il paesaggio senza essere cotti dal sole. Lì abbiamo fatto amicizia con due ragazzi israeliani che sono in giro da qualche mese nel sud-est asiatico, e che si portano appresso dovunque vadano un fornelletto da campeggio con quattro bicchieri di vetro per preparare il caffè. Quattro perché sono sempre pronti ad offrirlo a chi incontrano, e quindi ho accettato volentieri di sorseggiare un bel bicchiere di caffè fumante anche lì in cima, dove non sarebbe stato possibile neanche pagando.
Devo dire però che la cosa più piacevole di Vang Vieng è starsene seduto in uno dei bar lungo il fiume, che hanno delle piccole piattaforme proprio sull’acqua, dove è possibile mangiare o anche solo prendersi una birra mentre si tengono piacevolmente i piedi nell’acqua fresca del Nam Song, che tra l’altro sembra piuttosto pulita tanto che in molti ne approfittano per un tuffo.
Poi si respira davvero, nonostante si tratti davvero di un piccolo paese anche se in espansione, un’aria internazionale: siamo capitati in un pub irlandese gestito davvero da un simpatico nativo dell’isola di smeraldo, e perfino in un “Aussie bar”, pur gestito da locali, dove Gerard ha voluto che provassi una delle specialità australiane, la “chicken parma” o parmigiana di pollo, che in realtà di parmigiana ha ben poco ma che è un piatto adatto per stomaci affamati come il mio dopo la lunga escursione. Affittare una mountain bike ed esplorare così i dintorni è altamente consigliato, anche perché ci sono diverse grotte interessanti nei dintorni, alcune davvero enormi e altre dotate di specchi d’acqua dove è possibile farsi un bel tuffo. Alcune grotte sono illuminate, come la grande Tham Jang che abbiamo visitato, utilizzata fin dall’Ottocento come rifugio dagli abitanti di Vang Vieng, per altre c’è bisogno di portarsi una torcia, anche se si trova sempre qualcuno a cui chiederla in prestito per il tempo della visita.
Anche rispetto alla sistemazione per dormire c’è davvero di tutto: da ostelli a boutique hotel, bungalow spartani e splendidi resort tra le risaie… c’è n’è abbastanza per starsene qui per un po’, a esplorare i dintorni mentre la sera si provano le tante cucine internazionali presenti. Ma, se qualcuno di voi ci è già stato o ci andrà, magari mi potrà spiegare l’arcano di Friends: come mai ci sono così tanti locali (e prima pare che fossero molti di più) dotati di televisori che mandano in onda una sola cosa: vecchie puntate di Friends. E, come se non bastasse questo per avere la sensazione di trovarsi in un vecchio film di fantascienza distopica, non solo tutti fanno vedere la stessa cosa, ma c’è davvero gente che se ne sta lì rapita a guardarli per ore…
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