Dopo Ayutthaya ci tenevo a fare una tappa, per quanto breve, a Lopburi, una delle città più antiche di tutta la Thailandia. Anch’essa ha un passato di capitale, prima durante la dominazione khmer e poi come “capitale di riserva” del regno del Siam, in quanto più facilmente difendibile rispetto a Bangkok.
Anche se non molto più piccola, rispetto ad Ayutthaya si ha la sensazione di passare dalla città ad un paese, con l’atmosfera che ne consegue. L’enclave turistica qui è limitata ad una sola piazza, con un po’ di locali e guesthouse per i non molti visitatori che si fermano in città. Un’opzione diffusa è infatti quella di arrivare con un treno notturno, lasciare i bagagli in stazione, esplorare la città e quindi ripartire senza pernottare.
Da un punto di vista storico-artistico il cuore della visita a Lopburi dovrebbe essere rappresentata dal palazzo reale, testimonianza dell’importante ruolo politico e diplomatico svolto dalla città. L’area da esplorare è molto grande e dotata di un interessante museo, e a poca distanza ci sono anche i resti del quartiere, in stile occidentale, dove alloggiavano gli ambasciatori europei. Pare infatti che il termine farang, usato qui in senso vagamente dispregiativo a identificare tutti gli stranieri, derivi dalla parola thailandese per identificare i francesi, evidentemente il popolo percepito come più differente da loro come aspetto e costumi.
In realtà però Lopburi è conosciuta soprattutto come città delle scimmie. A centinaia proliferano infatti tra le rovine del Phra Prang Sam Yod e nell’isolato che le circonda, senza uscire mai da quest’area circoscritta dotata evidentemente di invisibili barriere. Tutto intorno al tempio sono infatti davvero padrone del territorio: le si può trovare non solo all’interno dell’area recintata delle rovine, ma anche intorno, sopra, e vicino i palazzi attorno ad essa.
Fili elettrici, idranti, pali, cartelli stradali. automobili in sosta: sembra che questa piccola parte di città sia ormai casa loro, e i commercianti devono faticare per aprire o chiudere il loro negozio se affaccia sulla zona del tempio. Con il tempo sono diventati la vera attrazione turistica della città, tanto che ogni novembre un albergatore (almeno così sostiene la Rough guide) organizza per loro un grande banchetto all’interno dell’area del tempio con tanto di menu e camerieri… Certo il colpo d’occhio è incredibile, soprattutto pensando che ci troviamo in pieno centro cittadino, accanto ai binari del treno.
Ma devo ammettere che la presenza delle scimmie può anche essere fastidiosa: non tanto per i suoni acuti quando litigano tra loro e per gli odori pungenti, quanto perché, essendo ormai abituate alla presenza dell’uomo, possono diventare molto dispettose se non ottengono qualcosa, ovvero del cibo, dal visitatore. Gerard se ne è reso conto a sue spese avendo a che fare con alcune delle scimmiette più piccole, le più intraprendenti, che appena ne hanno l’occasione tentano la scalata dell’essere umano più o meno consenziente: senza avere nulla in cambio può capitare che mordano, e non è per niente piacevole… Inoltre pare che siano anche in grado di rubare piccoli oggetti, per cui bisogna stare attenti. Bisogna anche dire che si mettono perfino in posa quando cerchi di far loro una foto, e ti guardano con certi occhi consapevoli che un po’ ti viene da pensare che per fortuna sono così piccole, perché “Il pianeta delle scimmie”, soprattutto se c’è una rovina archeologica di mezzo, è sempre lì dietro l’angolo…
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